Seppur dettagliatamente disciplinata all’interno del codice civile, la riconoscibilità dell’errore è stata, ed è tutt’ora, oggetto di numerosi dibattiti ed eterogenee interpretazioni in relazione alla sua rilevanza all’interno del rapporto tra le parti.
Invero, a norma dell’art. 1431 c.c. l’errore può considerarsi riconoscibile allorquando “una persona di normale diligenza avrebbe potuto rilevarlo”. Da ciò ne deriva che, per la disciplina codicistica, la riconoscibilità dell’errore sussiste sulla base di un criterio di normalità che non richiede ulteriori valutazioni delle parti.
Tuttavia, sul punto, una parte della dottrina ha ritenuto opportuno individuare nella condotta della parte non incorsa in errore, quel parametro atto a ricondurre l’errore nell’alveo della riconoscibilità e, dunque, passibile di annullamento qualora tale parte non rispettasse le regole di condotta e buona fede.
Se, dunque, tale teoria sembra voler porre l’accento sulla condotta soggettiva delle parti, un’ulteriore e maggiormente auspicabile dottrina interpretativa, ha ricondotto la riconoscibilità dell’errore in funzione della qualità dello stesso, da valutarsi con criteri prettamente oggettivi. Pertanto, i predetti criteri dovranno essere individuati tramite un’indagine oggettiva e che dovrà essere fatta caso per caso.
Sul punto, in perfetta armonia con la teoria oggettiva della riconoscibilità dell’errore ex art. 1431 c.c., si è espresso il Giudice di Pace di Milano, Dott.ssa Canonici Welleda, che con sentenza pubblicata in data 3.02.2017 e diffusa nel circuito dai nostri avvocati Zerbo Riccardo, Mancinelli Marco e Lizzio Giuseppe, ha escluso che l’eccessivo carico di lavoro gravante sull’addetto al controllo della posta elettronica del Comune di Milano costituisse causa di non riconoscibilità dell’errore. Tale esclusione, tradotta in una condanna per il Comune di Milano, deriva proprio dall’approccio oggettivo sulla valutazione della riconoscibilità dell’errore che, nel caso di specie, era facilmente riscontrabile. Conclude il Giudice affermando che la valutazione sui presupposti della riconoscibilità dell’errore non può trovare fondamento e giustificazione nel soggettivo carico di lavoro gravante sull’amministrazione.
Dott. Giuseppe Lizzio