Il Tribunale di Milano, con la sentenza del 15 gennaio 2015 ritiene configurabile l’ipotesi prevista dall’art. 96, comma 3, c.p.c. per la parte che abbia depositato la memoria conclusiva solo in forma telematica in assenza dell’ulteriore deposito della “copia di cortesia” cartacea così come previsto dal protocollo d’intesa tra il Tribunale di Milano e l’Ordine degli Avvocati di Milano del 26 giugno 2014 in quanto ciò avrebbe reso più gravoso per il Collegio l’esame delle difese.
Conseguentemente, ha condannato la parte “inadempiente” ex art. 96, comma 3, c.p.c. al pagamento dell’importo di Euro 5.000,00.
Impossibile non rimanere indignati, offesi e basiti da tale decisione che non posso esimermi dal definire assolutamente illegittima e priva di ogni logica giuridica soprattutto se si pensa che la stessa proviene proprio da quel Tribunale che da anni viene visto e considerato il punto di riferimento per il processo telematico anche e soprattutto per la giurisprudenza innovativa prodotta.
Sui social network sono giunti a medesimi considerazioni e conclusioni tutti i Colleghi (e tra questi Adriana Augenti, Pietro Calorio, Patrizio Galeotti, Nicola Gargano, Francesco Minazzi, Fabrizio Sigillò) che, con grande sforzo personale, dedicano gran parte del loro tempo ad aiutare gli avvocati a comprendere e spiegare le norme del processo telematico che, ad oggi, nonostante i diversi interventi del legislatore, tutto sono tranne che chiare ed esenti da contraddizioni con il codice di procedura civile.
Ciò che indigna e rende ancor di più incomprensibile la decisione del Tribunale di Milano è, da una parte, l’obbligo di legge per il quale, dal 30 giugno 2014 per i procedimenti instaurati da tale data e, dal 31 dicembre 2014, anche per i procedimenti già pendenti alla data del 30 giugno 2014, i difensori devono depositare esclusivamente in telematico tutti gli atti endoprocessuali e, dall’altra, l’assoluta mancanza di una norma di legge che disponga ed obblighi il difensore a depositare anche lo stesso atto in forma analogica (cartacea); eppure, proprio dal mancato deposito di quella che viene elegantemente definita “copia di cortesia”, il Tribunale di Milano ha ritenuto “legittimo” condannare al pagamento di Euro 5.000,00 ex art. 96 c.p.c. 3 comma la parte resasi responsabile di tale comportamento sul presupposto che il deposito della “copia di cortesia” era previsto dal protocollo siglato dal locale Tribunale e l’Ordine degli Avvocati di Milano in data 26 giugno 2014 il quale peraltro sul punto non prevede nessuna conseguenza in caso di inosservanza.
Mi chiedo quindi se tale decisione, punitiva, non possa e non debba essere logicamente collegata a quelle altre decisioni con le quali, non pochi magistrati di diversi Uffici Giudiziari, hanno disposto l’irricevibilità o l’inammissibilità del deposito telematico di atti introduttivi in assenza di quel valore “legale” contenuto nei decreti emessi da DGSIA ex art. 35 del DM 44/11 e che hanno potenzialmente arrecato, ai colleghi che tali provvedimenti hanno subito, gravi danni sotto il profilo della responsabilità professionale e deontologica pur essendo tali provvedimenti riferiti ad un potere che DGSIA per legge non ha e non ha mai avuto, ossia quello di indicare, nei detti decreti, sia l’elenco degli atti depositabili telematicamente sia i procedimenti in cui tali atti possono essere depositati.
E mi chiedo ancora se queste decisioni non possano in qualche modo collegarsi al mancato inserimento, nel Decreto Legge n. 90/2014, di una norma con la quale il legislatore avrebbe dovuto disporre l’obbligo per il difensore di effettuare si il deposito telematico ma di replicare tale deposito mediante la consegna cartacea in cancelleria di “copie di cortesia” obbligatorie!
E mi chiedo da ultimo come mai, ad oggi, nessun provvedimento sia stato assunto per la mancata osservanza, nella gran parte degli Uffici Giudiziari, delle disposizioni previste dall’articolo 11 delle specifiche tecniche dell’art. 34 DM 44/11 pubblicate il 16 aprile 2014 nel quale si legge chiaramente che “Il fascicolo informatico raccoglie i documenti (atti, allegati, ricevute di posta elettronica certificata) da chiunque formati, nonché le copie informatiche dei documenti; raccoglie altresì le copie informatiche dei medesimi atti quando siano stati depositati su supporto cartaceo” con ciò, quindi, essendo palese l’obbligo per le cancellerie di trasformare in digitale quanto depositato in cartaceo (atti introduttivi, comparse di costituzione e risposta e relativi documenti allegati ai detti atti) cosa questa che, ove osservata, consentirebbe oggi di avere un fascicolo interamente informatico e non, al contrario, in parte informatico e in parte cartaceo.
Forse sono tutte coincidenze ma è certo che gli indizi ci sono e credo di poter affermare che se l’Avvocatura, pur con grandi sforzi, ha dimostrato di sapersi adeguare progressivamente all’utilizzo della tecnologia offrendo anche il proprio contributo, nei tavoli istituzionali, per migliorare l’impianto normativo del processo telematico altrettanto non può dirsi per alcuni componenti della magistratura che, nel processo, sembrano non poter fare a meno della carta e che, da questo momento in poi, potrebbero essere definite “Toghe analogiche”.